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Passione Mato Grosso

L’Espresso - 1 agosto 2008

Rassegna Stampa

di Gigi Riva

I ricchi bianchi chiusi nella fazenda. Assediati da indios che reclamano terra e identità.
Attrazione e scontri di civiltà nel nuovo film di Bechis

Cosa ci fa Claudio Santamaria, il Rino Gaetano della fortunata fiction tv, con un cappellaccio calato in testa e una pistola in mano, davanti a delle tende tirate su alla meno peggio da un gruppo di indios? E cosa ci fa Chiara Caselli, annoiata e miliardaria, in una fazenda spersa in mezzo a campi intensamente coltivati? I due attori italiani sono stati trascinati fino al Mato Grosso do Sul (Brasile) dal regista Marco Bechis, pluripremiato nel mondo per ‘Garage Olimpo’, lungometraggio sui desaparecidos in Argentina.

Fanno parte, Santamaria e Caselli, di quella ristretta cerchia di bianchi che hanno un potere assoluto, soprattutto economico, nell’area e che pensavano di poterlo esercitare senza ostacoli in virtù di un diritto del più forte, malamente garantito da leggi compiacenti. Questo finché gli indios non hanno cominciato a rivendicare le proprie buone ragioni, dando vita a un contenzioso giudiziario, durante il quale hanno già segnato qualche punto a favore. Ci sono centinaia di migliaia di ettari di terra già ridati a chi li abitava dall’alba dei secoli. Certo, nei pochi decenni che sono stati gestiti dai brasiliani bianchi hanno cambiato faccia. Laddove c’erano lussureggianti foreste, oggi ci sono, a perdita d’occhio, coltivazioni transgeniche che hanno mutato il panorama e il modo di viverlo.

Da questi presupposti reali muove la storia fiction di ‘Birdwatchers’, dove il titolo allude sia al significato letterale, l’osservazione degli uccelli praticata dai turisti nella regione, sia a un significato traslato. Spiega Bechis: “Mi interessava indagare sulla nostra visione dell’altro”. Tutti siamo ‘l’altro’ per qualcuno. Per i fazenderos ‘l’altro’ si materializza un giorno davanti al recinto della proprietà. Dopo l’ennesimo suicidio di adolescenti nella riserva dove sono stati ristretti (fenomeno preoccupante e in costante crescita), guidati da un capo e da uno sciamano gli indios si piazzano a ridosso di ciò che un tempo era loro per reclamarne la restituzione.

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La loro stessa presenza, pur se all’inizio muta e pacifica, è inquietante per i fortunati abitanti della grande villa con piscina e camerieri. I due mondi diversi non entrano in collisione netta da subito. Si studiano a vicenda, si osservano, si mescolano, si uniscono persino e nel senso più totalizzante, quello che chiama in causa l’attrazione, il sesso, l’erotismo. Da una parte e dall’altra sorge la curiosità, in qualche caso l’imitazione.

Gli indios sono stati sì corrotti dal denaro e dall’alcol e cercano di ritrovare una purezza delle origini che non sarà mai più tale, perché nella loro memoria collettiva rimane traccia dell’esperienza trascorsa. Le figlie del fazenderos sono state sì educate a non interagire con quel prossimo così diverso, ma sono spinte a disobbedire dalla forza che emanano coetanei le cui occupazioni sono la caccia con l’arco e la ricerca di acqua.

Bechis lavora con gli indios e li trasforma in attori. Sul set ha riscritto la sceneggiatura utilizzando i loro suggerimenti. Avevano conoscenza di cellulari e di ogni diavoleria elettronica ma non avevano mai recitato. E il risultato è sorprendente. Il film, di grande impatto visivo, è coinvolgente. I dialoghi semplici, ridotti all’osso, restituiscono l’essenza delle due culture. Dove resistono certi archetipi, ma non tutto è definito una volta per sempre perché la chiave è il mescolamento. Se la parola facilita il conflitto, il linguaggio dei corpi avvicina: le pulsioni non conoscono barriere.

Coprodotto da Raicinema, dalla Classic di Amedeo Pagani, dalla brasiliana Gullane e dallo stesso regista con la sua Karta film, ‘Birdwatchers’ è in concorso al prossimo festival di Venezia, dove Bechis è già stato con Hijos (2001). Anche stavolta ha scelto il Sudamerica. Il che lo conferma un atipico del cinema italiano. Cerca in un altrove delle storie che ci riguardano perché non sono poi così dissimili dai conflitti che viviamo a casa nostra.

leggi l’articolo sul sito de L’Espresso

ufficio stampa_1 August, 2008

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