1 commento

  1. Anonimo 10 September, 2008 @ 10:09

    Il tentativo di questo film è veramente da apprezzare, mi riferisco a quello di portare a conoscenza del mondo del vero volto degli indios( cosa che purtroppo fino adesso non ha mai fatto nessuna associazione in loro aiuto: ad esempio greenpace), ma devo fare anche alcune critiche: perchè utilizzare strumenti occidentali per”salvaguardarli”(siete convinti che ciò servirà, è una falsa anche l’Onu), inoltre, e in questo caso mi riferisco ai sostenitori del film : perchè preoccuparsi di un problema che dura da secoli solo quando a parlarne è un famoso regista?
    Non intendo assolutamente screditare ciò anzi, sostengo varie associazioni”occidentali”che nel loro piccolo fanno tutto ciò che possono, inoltre capisco che l’unico strumento potente attualmente è solo la televisione ma, sò con certezza che chi crede veramente in questa grande fonte, che sono gli indios, non ha bisogno di pubblicità per aiutarli.

Articoli recenti

I kaiowà, Venezia, la terra.

Marco Bechis blog

Mercoledì 10 settembre. In questo momento i cinque attori indigeni del film sono in volo sull’Atlantico, di ritorno nelle loro terre a Dourados, Mato Grosso do Sul. A Venezia al mio fianco, hanno discusso con un centinaio di giornalisti, hanno percorso il tappeto rosso, hanno brindato. Mi hanno detto di aver capito più cose su di noi durante questo viaggio. A Venezia si chiedevano dove era la terra, a Milano chiedevano da dove avevamo preso tutte quelle pietre per costruire la città. E li ho anche ascoltati parlare in guaranì fitto di fronte a un gran premio in tv: sono riuscito solo a capire i nomi della classifica dei piloti, Massa in testa, conoscono la classifica aggiornata. Mi mancheranno.

Ricevo questa sera e pubblico, un documento che forse dà qualche risposta alla domanda: “che cosa si può fare per le terre dei guaranì-kaiowà?”

Restituire terre ai guarani: una questione umanitaria, di Carlos Caroso

Presidente dell’ Associazione Brasiliana di Antropologia

La recente pubblicazione, da parte della Fundação Nacional do Índio (Funai- organo federale di affari indigeni del Brasile), di sei ordinanze amministrative, con lo scopo di iniziare ricerche per identificare e delimitare terre tradizionalmente occupate dagli indios Guarani-Kaiowá e Guarani-Ñandeva nello stato brasiliano di Mato Grosso do Sul (MS), ha provocato clamore e mobilitato la stampa locale e nazionale, oltre che l’ambiente politico e l’imprenditoria rurale.  Certe reazioni stanno raggiungendo livelli preoccupanti d’intolleranza, arrivando al punto di produrre un clima di grande ostilità. Gli antropologi che realizzeranno i lavori sono stati oggetto di ingiurie e intimidazioni.

La situazione, pertanto, richiede responsabilità civile. Si rende necessario divulgare informazioni con il massimo criterio possibile, altrimenti si corre il rischio di provocare panico nella popolazione non indigena e un clima d’ostilità nei confronti degli indios. È, soprattutto, necessario avere chiarezza sulla portata delle ordinanze. Sono state divulgate versioni per cui esse costituirebbero precedenti per la delimitazione di 3,5 milioni o perfino di 12 milioni di ettari destinati agli indios. C’è addirittura chi afferma che intere città potrebbero essere rivendicate come terre indigene. Certe affermazioni rivelano, quanto meno, disinformazione.

In primo luogo, è importante ricordare che le suddette ricerche non iniziano da zero. Esse fanno seguito a rivendicazioni indigene manifestate durante gli ultimi 30 anni e da dati raccolti in questo stesso lasso di tempo da differenti ricercatori, occupando le più diverse funzioni. Così, il piano operativo elaborato dalla Funai cerca di risolvere la questione cruciale manifestata da governatori, sindaci, presidenti della Funai e altri agenti vincolati alla questione agrária nello stato di Mato Grosso do Sul: quando i Guarani smetteranno di rivendicare terre? La conoscenza acquisita permette di stimare, per difetto, che le terre rivendicate potranno raggiungere  aprossimativamente dai 500.000 ai 600.000 ettari – 1,4% a 1,7% del território dello Stato, e non il 33%, come divulgato dagli organi di stampa. Inoltre, è importante mettere in risalto il fatto che, in Mato Grosso do Sul, non esiste alcuna rivendicazione indigena di spazi urbani.

La popolazione guarani in quello stato è di circa 43.000 individui e attualmente essa accede a poco più di 44.000 ettari. In special modo, la concentrazione demografica nelle riserve indigene più antiche è molto elevata, rendendo impossibile l’autosufficienza delle comunità e propiziando un ambiente conflittuale e di violenza. Le comunità kaiowá e ñandeva da anni figurano all’apice di tutti i rilevamenti nazionali su morti violente tra i gruppi indigeni. L’epidemia di suicidio che colpisce questa popolazione e le notizie che periodicamente vengono divulgate nei mass-media sui decessi di bambini indigeni per sottonutrizione sono sintomi preoccupanti derivanti di quest’ambiente insostenibile.

Nonostate l’introduzione, durante il secolo XX, di svariate politiche pubbliche e pratiche missionarie destinate ad integrare gli indigeni alla società e alla cultura nazionale, i Guarani si dimostrano irriducibili nel non rinunciare ai loro valori e al loro stile di vita, evidenziando un’organizzazione sociale, culturale e territoriale specifica. L’attuale restrizione spaziale violenta profondamente tale specificità.

In verità, i Guarani del Mato Grosso do Sul non hanno mai abbandonato i loro territori, perdendo soltanto l’esclusività di uso e insediamento. Le famiglie guarani, vivendo in riserve, fazendas (grandi proprietà rurali), periferie di città, margini di strade e terre indigene recentemente legalizzate, continuano a utilizzare ampi spazi territoriali, cacciando, pescando, raccogliendo e, perfino, lavorando nelle proprietà rurali della regione, fatto che permette loro di mantenere la memoria e le relazioni simboliche con i luoghi di origine.

È opportuno ricordare che i cordinatori delle suddette ricerche hanno ottenuto il titolo di master e/o dottorato in Antropologia, avendo una significativa esperienza di ricerca tra popoli indigeni, in special modo tra i guarani. Pertanto, stiamo di fronte a dei professionisti  altamente qualificati per svolgere il lavoro a cui sono stati chiamati e che, nell’offrire allo Stato brasiliano, con esenzione e scientificità, un quadro il più vicino alla realtà, gli permetteranno di definire politiche che attendano tanto alla popolazione indigena quanto a quella non indigena.

Infine, è importante osservare che, nonostante i lavori siano destinati a identificare e delimitare terre indigene, il piano definito dalla Funai intende contribuire anche al miglioramento delle condizioni ecologiche e climatiche della regione nel suo insieme. Per tale proposito, sono stati incorporati nelle equipe due ecologi esperti e qualificati, i quali, nella realizzazione delle loro diagnosi della situazione, cercheranno di promuovere piani di ricupero delle floreste native, con lo scopo di bloccare il processo di dessertificazione rilevato dagli studi condotti dall’ Universidade Estadual de Mato Grosso do Sul (UEMS) in quelle regioni. Il cono sud di questo stato, già caratterizzato da esuberanti floreste e savane, oggi possiede solo circa il 7% della sua superficie ricoperta da vegetazione originaria, nonostante la legislazione esiga un minimo di 20%, solo come riserva legale – senza prendere in considerazione quelle ai margini dei corsi fluviali. Come consequenza di tutto ciò, il clima e le risorse idriche sono state alterate significativamente, e le ondate di siccità minacciano i risultati della stessa produzione rurale dei non indigeni.

Le informazioni qui riportate devono essere prese in considerazione per valutare la natura delle azioni messe in pratica, altrimenti si corre il rischio di seminare il panico. Quello che si sta verificando è appena l’impegno di attuare rigorosamente quanto determinato dalla Costituzione Federale del Brasile e di offrire condizioni affinché sia fatta giustizia nei confronti di questa etnia indigena, la quale, oltre ad essere la più numerosa del paese e a possedere condizioni di vita tanto precarie, si rivela importantissima nella formazione non solo della cultura locale, ma anche della stessa nazionalità brasiliana.

Marco Bechis_10 September, 2008

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