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Tra impegno civile e fan scatenate E’ Santamaria l’italiano più amato

La Repubblica - 1 settembre

stampa italiana

di Claudia Morgoglione

Parla l’attore, braccato dalle ammiratrici: “Credevo che il mio mestiere fosse inutileInvece può aiutare le cause giuste. Ma è divertente anche girare kolossal come 007″

VENEZIA - “Per molto tempo, ho percepito il lavoro dell’attore come completamente inutile. E invece, questo film mi ha smentito. Dimostrandomi come posso mettere la mia faccia, quel po’ di notorietà che ho, al servizio dell’impegno, delle battaglie giuste. Mica come George Clooney, che prima fa i film politici e poi gira gli spot per una multinazionale come la Nestlé, coi suoi comportamenti devastanti…”.

Occhi chiarissimi, sguardo gentile, disponibile a fare due chiacchiere (”siamo a un festival, mica in miniera”), braccato dalle ragazzine del Lido, che già da ieri lo inseguono armate di videofonino: Claudio Santamaria è uno dei divi più amati, in questo scorcio di Mostra. E non solo per il ruolo di tirapiedi di fazendeiro nell’applauditissimo “Birdwatchers - La terra degli uomini rossi” di Marco Bechis. No, l’attore trentaquattrenne - una figlia piccola, Emma, una pellicola appena terminata (”Il caso dell’infedele Klara” di Roberto Faenza), e un’altra, “Aspettando il sole” di Ago Panini, in uscita a ottobre - raccoglie i frutti di una carriera già molto solida. Oltre che della popolarità data da fiction come “Rino Gaetano”.

Allora, Claudio: è la prima volta a Venezia, con un film in concorso?

“Sì, essere qui è già una grande emozione. E naturalmente, faccio il tifo per Marco Bechis”.

Cosa ti ha spinto ad accettare un ruolo non da protagonista, in una pellicola girata nel Mato Grosso do Sul?

“In primo luogo, il regista: l’ho sempre amato, rimasi colpitissimo da ‘Garage Olimpo’. Il suo è vero cinema di battaglia, quello che dà un senso al mestiere che faccio”.

Tu però fai anche altro: hai partecipato a “007 Casino Royale”, sei stato doppiatore dell’ultimo Batman…

“E’ vero. Mi è piaciuto molto fare l’esperienza di un set faraonico come quello di 007, in cui una settimana di lavorazione costa quanto l’intero film di Bechis; ma senza dimenticare che c’è anche un cinema di impegno, di rivendicazione, in cui bisogna credere. E a cui bisogna partecipare”.

Quali sono state le difficoltà più grandi, sul set brasiliano?

“La lingua, innanzitutto: io interpreto un lavoratore che viene dal Paraguay, lo spagnolo lo parlo bene, ma lì dovevo recitare in portoghese. Ho avuto anche un insegnante, a Roma. Ma la cosa che mi è pesata ancora di più è stata dover partire per le riprese quando mia figlia, Emma, aveva appena venti giorni… il primo periodo della sua crescita l’ho vissuto solo via Skype”.

Altri problemi?

“Appena arrivato ho lavorato per sei giorni in una vera fazenda, in incognito: è stata durissima, vi svegliavamo alle 4 del mattino e lavoravamo tutto il giorno con le vacche. Come veri cowboy”.

E cosa ha significato, dal punto di vista umano, il contatto con gli indios protagonisti del film?

“Prima sono andato in una riserva con le abitazioni sistemate da loro, un posto abbastanza vivibile. Poi ho visto la riserva governativa, un posto stra-peggiore di qualsiasi quartiere nostro di estrema periferia: e questo è stato doloroso. Si sente sempre parlare delle varie ingiustizie di cui è pieno il mondo, ma solo vedendole si persona si può capire come stanno le cose. Per me, andare in Mato Grosso è stato come piombare in un Medioevo: con tutta la conoscenza che abbiamo, non sappiamo risolvere problemi come questi”.

La cosa più dura in assoluto?

“Vedere i loro bambini, come crescono: in quel momento li senti come i tuoi figli, i tuoi nipoti, e senti l’ingiustizia con maggiore forza”.

Cambiamo argomento. Hai appena finito di girare un altro film…

“Sì, ‘Il caso dell’infedele Klarà di Roberto Faenza, con Laura Chiatti. Ho il ruolo di un musicista, che la sera suona nei locali, e che è totalmente malato, ossessionato dalla gelosia. Ma c’è anche un altro mio film, che sta per uscire”.

Quale?

“Si chiama ‘Aspettando il sole’, è diretto da Ago Panini, ed è una commedia nera ambientata in un albergo. Il cast è ricchissimo: ci sono Gabriel Garko, Raoul Bova, Claudia Gerini, Vanessa Incontrada. Tutti al minimo sindacale, complessivamente il film è costato 700 mila euro: anche questo è cinema di battaglia”.

E l’impegno umanitario?

“Grazie a ‘Birdwatchers’ ho conosciuto l’associazione Survival, che lotta a fianco degli indigeni. E continuerò a sostenerla”.

Ascolta la videointervista con Claudio Santamaria

Ascolta la videointervista con Marco Bechis

Ascolta la videointervista con gli Indios

Ascolta la recensione di Paolo D’Agostini

Leggi l’articolo sul sito di Repubblica

ufficio stampa_2 September, 2008

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